sabato 9 aprile 2011

Poetry


Mija (Yoon Jeong-hee), ultrasessantenne che lamenta le prime avvisaglie dell'alzheimer e coltiva il sogno di imparare a scrivere poesie, viene a scoprire che il nipote adolescente ha preso parte a violenze di gruppo nei confronti di una coetana che si è tolta la vita. Si ritroverà ad affrontare scelte difficili.
Film pessimista questo di Lee Chang-dong eppure non disperato: in un mondo cinico ed arido, ipocrita e volgare, è forse ancora possibile trovare una via alla bellezza ed alla verità. La poesia, ricerca del sublime ed al tempo stesso piacere delle cose piccole e semplici, arte del vedere e del sentire quello che ai più sfugge, si presta perfettamente ad incarnare la speranza che le brutture estetiche e morali non abbiamo preso definitivamente il sopravvento. La società che ci racconta Lee Chang-dong è marcia: una gioventù perduta, inebetita ed anestetizzata che non sa discernere il bene dal male, padri irresponsabili e ciechi, preoccupati solo di coprire (nè capire, nè tantomeno punire) le ignobili colpe dei figli. Quello di Mija è allora un "percorso lento, sofferto e soggetto agli sbalzi di una memoria ingannatrice; una via tortuosa e collaterale alla (sua) verità (Emanuele Sacchi, mymovies.it) ", che, anche attraverso l'esperienza dell'incontro misterioso e teneramente ingenuo con la sensibilità poetica, si farà presa di coscienza etica, apertura del cuore ad una pietà commossa verso una vittima innocente, la cui memoria una scelta diversa da quella di Mija avrebbe tradito. Premiato a Cannes per la sceneggiatura che in effetti sviluppa una storia convincente con precisione e senza eccessi. Yoon Jeong-hee, una delle più note attrici sudcoreane, è tornata a recitare dopo oltre quindici anni di inattività, regalando una performance di tutto rispetto.



Regia: Lee Chang-dong
Anno: 2010



Giudizio: ***1/2

sabato 2 aprile 2011

Uomini di Dio


Ispirato alla storia vera di un gruppo di monaci trappisti francesi di un monastero algerino, rapiti e barbaramente uccisi da jihadisti islamici nel 1996, in circostanze ancora non nel tutto chiarite.
Il focus del film non è però sul tragico epilogo, sfumato volutamente fuori campo da una sceneggiatura più attenta a quanto l'ha preceduto, al progressivo montare della guerra civile che ha sconvolto il paese dopo il golpe militare del '92, all'insinuarsi del fondamentalismo musulmano e soprattutto al percoso umano che ha condotto i nove frati a scegliere di restare nonostante il pericolo, accettando con evangelica rassegnazione un destino infausto sempre più ineluttabile. Non è, tuttavia, va riconosciuto, un'opera agiografica: dei monaci (di cui si impara a conoscere i momenti di preghiera, studio, lavoro e meditazione che ne scandiscono i ritmi pacati di vita, così come lo spirito di fratellanza ed il saldo legame di amorevole sussidiarietà verso la comunità locale) sono mostrati anche i sentimenti umanissimi del dubbio e della paura, le debolezze che trovano solo nel mistero della fede il proprio antidoto, oltre che la forza di restare fedeli ad una missione di amore verso Dio ed il prossimo. Il film di Beauvois, dunque, "tocca i momenti più convincenti non nei discorsi un po' troppo programmatici tra cristiani e mussulmani, ma nelle scene di vita quotidiana, nel senso di amore per la natura che i trappisti coltivano, nel rispetto tra uomini e cose che si legge nei gesti di tutti i giorni (Paolo Mereghetti, Il Corriere della Sera)" e può contare su una regia semplice e precisa che rende appieno il senso di comunanza comunitaria che si è voluto trasmettere (oltre che con una recitazione corale, priva di prime donne) con inquadrature ampie che abbracciano sovente il gruppo di monaci e non disedegnano riferimenti figurativi alti e raffianti (L'Ultima Cena).
Grande successo in patria, dove, fra l'altro, ha ricevuto il prestigioso Grand Prix al Festival di Cannes.

La materia del racconto è piuttosto la vita quotidiana dei frati, il loro legame con la popolazione in mezzo alla quale vivono: ed è qui che si esercita il sublime (Lietta Tornabuoni, L'Espresso)



Regia: Xavier Beauvois
Anno: 2010


Giudizio: ***1/2