sabato 2 aprile 2011

Uomini di Dio


Ispirato alla storia vera di un gruppo di monaci trappisti francesi di un monastero algerino, rapiti e barbaramente uccisi da jihadisti islamici nel 1996, in circostanze ancora non nel tutto chiarite.
Il focus del film non è però sul tragico epilogo, sfumato volutamente fuori campo da una sceneggiatura più attenta a quanto l'ha preceduto, al progressivo montare della guerra civile che ha sconvolto il paese dopo il golpe militare del '92, all'insinuarsi del fondamentalismo musulmano e soprattutto al percoso umano che ha condotto i nove frati a scegliere di restare nonostante il pericolo, accettando con evangelica rassegnazione un destino infausto sempre più ineluttabile. Non è, tuttavia, va riconosciuto, un'opera agiografica: dei monaci (di cui si impara a conoscere i momenti di preghiera, studio, lavoro e meditazione che ne scandiscono i ritmi pacati di vita, così come lo spirito di fratellanza ed il saldo legame di amorevole sussidiarietà verso la comunità locale) sono mostrati anche i sentimenti umanissimi del dubbio e della paura, le debolezze che trovano solo nel mistero della fede il proprio antidoto, oltre che la forza di restare fedeli ad una missione di amore verso Dio ed il prossimo. Il film di Beauvois, dunque, "tocca i momenti più convincenti non nei discorsi un po' troppo programmatici tra cristiani e mussulmani, ma nelle scene di vita quotidiana, nel senso di amore per la natura che i trappisti coltivano, nel rispetto tra uomini e cose che si legge nei gesti di tutti i giorni (Paolo Mereghetti, Il Corriere della Sera)" e può contare su una regia semplice e precisa che rende appieno il senso di comunanza comunitaria che si è voluto trasmettere (oltre che con una recitazione corale, priva di prime donne) con inquadrature ampie che abbracciano sovente il gruppo di monaci e non disedegnano riferimenti figurativi alti e raffianti (L'Ultima Cena).
Grande successo in patria, dove, fra l'altro, ha ricevuto il prestigioso Grand Prix al Festival di Cannes.

La materia del racconto è piuttosto la vita quotidiana dei frati, il loro legame con la popolazione in mezzo alla quale vivono: ed è qui che si esercita il sublime (Lietta Tornabuoni, L'Espresso)



Regia: Xavier Beauvois
Anno: 2010


Giudizio: ***1/2

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