martedì 4 gennaio 2011

La Sorgente del Fiume


Grecia, 1919: la rivoluzione bolscevica ha costretto la comunità greca di Odessa a far ritorno in patria e stabilirsi presso la foce di un grande fiume. Fra i profughi vi sono i giovani Alexis (Nikos Poursanidis) ed Eleni (Alexandra Aidini), che si amano, ma sono costretti a fuggire perchè Eleni avrebbe dovuto sposare il padre di lui, Spyros (Vassilis Kolovos). Stabilitisi a Salonicco, Alexis si guadagna da vivere facendo il musicista, ma dopo la salita al potere del dittatore Metaxas nel '36 decide di avventurarsi in America, in cerca di fortuna. Allo scoppio delle Seconda Guerra Mondiale si arruola nell'esercito americano, mentre i due figli della coppia si schierano su fronti opposti nella guerra civile che seguì la liberazione. Finale dolente.
Quella di Theo Angelopoulos, il più celebrato regista greco di sempre, non è firma che passa inosservata, così come il suo stile, elegante e ricercato, che colpisce ed affascina per l'incedere lento e grave, per l'uso magistrale del piano sequenza e dei campi lunghi nel definire lo spazio scenico e scandire i ritmi del movimento, per la perfezione delle scenografie, per la potenza visiva di composizioni quasi pittoriche la cui armonia è curata in ogni dettaglio (luce, colore, volume), per la ricchezza simbolica (qui l'acqua, elemento onnipresente in quasi ogni scena, al tempo stesso richiama il pianto e quindi il lutto, ma anche l'incessante fluire del tempo e la consustanzialità di tutte le cose). Monumentale è la definzione più naturale per la suo opera (già nella durata di quasi tre ore), primo capitolo di una trilogia sulla storia greca moderna, che ambisce a raccontare i tremendi avvenimenti del '900 attraverso i drammi privati di una saga familiare, apertamente ispirata alla tradizione della tragedia classica (un padre ed un figlio che si contendono la donna amata come nell'Edipo Re, due fratelli che combattono l'uno contro l'altro come nell'Antigone) ed ai suo grandi temi: l'amore, la morte, l'esilio, la guerra, il fato. E tale influenza si fa evidente nel carattere apertamente teatrale di un film il cui set-palcoscenico (evidente dichiarazione di poetica è dunque la sequenza nel teatro in cui alloggiano gli sfollati) ospita performance di attori dalla recitazione più enfatizzata ed espressiva che verosimile ed i cui dialoghi puntano più all'intensità che alla naturalezza. Comprensibilmente tanta affettazione manieristica potrebbe non convincere, se la suggestiva bellezza delle immagini e la memorabilità di molte sequenze (dall'arrivo dei profughi con cui si apre il film al corteo funebre, dall'albero carico di pecore straziate all'inondazione del villaggio ed alle donne in lutto che cercano le spoglie dei propri cari) non fosse un più che valido compenso. L'urlo struggente di Eleni che chiude il film è un terribile atto di accusa contro la follia dell'uomo e della Storia e la crudeltà del destino. La colonna sonora composta dalle musiche di Eleni Karaindrou dà un contributo importante all'atmosfera malinconica che percorre tutto il film, carica del presagio di perdite e sventure.



Regia: Theo Angelopoulos
Anno: 2004


Giudizio: ****

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