domenica 24 ottobre 2010

Il Ritorno


Ivan (Ivan Dabronrdvav) ed Andrei (Vladimir Garin), poco più che bambini, tornando un giorno a casa ritrovano il padre (Konstantin Lavronenko), che vi ha fatto ritorno dopo un'assenza di dodici anni. Partono con lui per un paio di giorni di pesca, ma il viaggio si prolunga: il padre deve recuperare una misteriorsa scatala, nascosta sottoterra su un'isola deserta. Durante la convivenza, il rapporto fra genitore e figli si fa sempre più teso e difficile, ma proprio quando Andrei ed Ivan sembrano non poterne più di quell'uomo dai modi bruschi e severi, questi muore in un incidente. Rimasti soli, cercano di ricondurne le spoglie a casa, ma senza successo.
Senza volersi avventurare nel campo delle interpretazioni, che pure le atmosfere sospese ed ambigue suggeriscono, il sorprendente esordio del russo Zvyagintsev è semplicemente un film sulla complessità del rapporto padre-figlio, sulla difficoltà di educare e trasmettere sapere o valori senza una reale armonia affettiva di fondo; ed anche sul percorso di formazione con cui Andrei ed Ivan, alle prese prima con un principio di autorità con cui sono constretti a confrontarsi e poi con il peso della responsibilità dopo la tragedia, si affacciano alla vita adulta. Ma al di là dell'approfondimento psicologico, il fascino de Il ritorno sta soprattutto nella dimensione universale e mitologica che si è voluto conferire alla storia, con accortezze registiche (inquadrature e movimenti di macchina studiati e suggestivi, la fotografia sporca, i tempi dilatati) e di sceneggiatura (le tante domande che restano fatalmente senza risposta: a cosa è dovuta l'assenza del padre? perchè è tornato? cosa cerca sull'isola?); con riferimenti iconografici espliciti (l'immagine del padre addormentato che riproduce fedelmente il Cristo Morto del Mantegna o quella in cui, incappucciato sulla barca avvolta dalla nebbia, ricorda Caronte); con infausti segni di presagio (la pioggia, la colomba morta, le nubi, ecc.); con un simbolismo cristologico piuttosto evidente (il padre a tavola spezza il pane e distribuisce il vino come fosse un'Ultima Cena, "risorge" di domenica e muore di venerdì, i nomi dei figli corrispondono a quelli latini degli apostoli Andrea e Giovanni e come questi sono spesso mostrati nella veste di pescatori, ecc.). Questo carattere di indefinitezza, di allusività vaga affascina, ma forse è al tempo stesso il limite del film, tanto che si deve ammettere come, pur riconoscendo i meriti e la bravura innegabile del regista, "rimane un forte sospetto di esercizio accademico" (Paolo Mereghetti, Dizionario dei Film). Leone d'Oro a Venezia.



Regia: Andrei Zvyagintsev
Anno: 2003


Giudizio: ***1/2

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