lunedì 9 agosto 2010

Il Vento Fa il Suo Giro


Philippe (Thierry Toscan), pastore francese, si trasferisce assieme alla famiglia ed al suo gregge di capre a Chersogno, piccolo paese alpino della Valle Maira (vicino Cuneo), ormai quasi interamente spopolato e di antica tradizione occitana. Conquistata la simpatia e l'amicizia di alcuni membri dell'amministrazione comunale, che vedono nell'arrivo di un giovane nucleo familiare un'occasione di rilancio per il paese, Philippe riesce ad ottenere, con il loro aiuto, una casa in affitto ed il permesso di pascolo nei terreni di alcuni compaesani. Presto, però, i nuovi venuti entrano in conflitto con il resto della cittadinanza e l'iniziale, benevola accoglienza si tramuta in diffidenza, astio e ritorsioni, fin quando Philippe, esasperato, non decide di lasciare per sempre Chersogno.
Lungometraggio d'esordio per il regista Giorgio Diritti, che ambienta nell realtà montanara del Basso Piemonte una storia di integrazione (fallita) fra un forestiero (per di più straniero) ed una comunità chiusa e rigidamente tradizionalista. La tematica di fondo è chiaramente quella del rifiuto della diversità e della paura dell'altro: il merito di Diritti è quello di aver saputo calare questo discorso in un contesto atipico, rifuggendo dagli stereotipi e dagli inevitabili luoghi comuni (e facili vittimismi) dell'immigrazione meridionale o extracomunitaria. L'effetto di questa scelta è lungimirante: evitare una facile semplificazione del problema all'equazione fra razzismo ed intolleranza. Diritti vuole andare più a fondo, rintracciare i meccanismi psicologici ed antropologici che determinano la reazione di rigetto, violenta ed inappellabile, da parte di un gruppo verso chi è percipito come portatore del nuovo, dell'ignoto e pertanto temibile. Con precisione mostra i meccanismi con cui l'ostentata fratellanza può divenire rapidamene indifferenza, poi invidia, cattiveria ed infine aperta ostilità. Le atmosfere montanare, quasi sempre grigie ed offuscate, contribuiscono a trasmettere un senso di angoscia che prelude al destino di morte (fisica nel senso di lenta estinzione e morale nel senso di rancorososa intransigenza) a cui la comuità occitana di Chersogno sceglie, più o meno inconsciamente, di condannarsi: è la metafora di una nazione che ha perso la capacità di affidarsi ai valori etici trasmessi dai padri ("Cosa siamo diventati?" si chiede il sindaco nel finale), guidata da una classe dirigente interessata ed ipocrita, e che, ormai incancrenita e miope, non riesce più a guardare al futuro, al cambiamento, a quell'anelito di libertà che nel film è rappresentato dalla delicata follia del matto del villaggio, ripreso sovente a simulare le movenze del volo (e che, simbolicamente, muore quando la famiglia di Philippe decide di partire). Di grande effetto la colonna sonora che sottolinea con efficacia le variabilità degli stati d'animo collettivi. I dialoghi fra Philippe e Fausto (Giovanni Foresti), con cui c'è un'iniziale ma breve intesa, lasciano a volte l'impressione di "un fondo didascalico un po' legnoso"(Dizionario dei Film Mereghetti), ma sono interessanti nella demistificazione dell'abusata retorica della tolleranza, formula sostituiva di una filosofia dell'uguaglianza più umanitaria e sincera. Finale mesto, ma senza rinunciare alla speranza.
Neanche a citarle, le solite difficoltà di produzione, distribuzione, ecc. a cui va puntualmente incontro il cinema italiano indipendente.


Regia: Giorgio Diritti
Anno: 2005


Giudizio: ***1/2

Nessun commento:

Posta un commento