venerdì 6 agosto 2010

Perdona e Dimentica

Tre sorelle sono alle prese con i propri crucci esistenziali: Joy (Shirley Henderson), che si occupa della riabilitazione dei detenuti, ha sulla coscienza il suicidio dell'ex-fidanzato e dovrà presto far i conti anche con quello del marito, pervertito sessuale che non è riuscita a redimere; Trish (Allison Janney) cerca di ricostruirsi una vita e di tirare su i tre figli (la piccola Chloe, il tredicenne Timmy (Dylan Riley Snyder) alle prese com il suo bar mitzvah, una sorta di prima comunione ebraica, e lo studente universitario Billy (Ciaran Hinds)) avuti da un marito che è in carcere per pedofilia; Helen, scrittrice e sceneggiatrice di gran fama, è schiacciata dal peso del proprio stesso successo.
Todd Solondz, regista indipendente e coscienza critica del ceto medio americano, riprende i personaggi del precedente Happiness ed affronta i temi, citati con ripetività quasi ossessiva, del "perdonare" e del "dimenticare", quali possibili soluzioni ai drammi ed alle conflittualità del passato ed alla dolorosa tragicità del vissuto personale. Tuttavia la conclusione a cui sembra approdare è tutt'altro che rassicurante: entrambi sono meccanismi di rimozione, alternativi eppure complementari, diversi eppure strettamente connessi, che non conducono ad una vera accettazione critica e consapevole delle piccole e grandi mostruosità della vita: nessun personaggio sembra poter dimenticare (nè la famiglia di Trish l'orrore della pedofilia paterna, nè Joy il male fatto ai suoi compagni) e, soprattutto, nessuno sembra davvero poter perdonare, se non, con patetica mediocrità, se stesso. Quella ritratta è un America che attraversa tempi difficili (i metaforici "tempi di guerra" del titolo originale Life During Wartime), di grande disorientamento sia individuale che collettivo (ed in questo senso il film è fra i più politici del regista, come lui stesso ha riconosciuto, lambendo tematiche come l'insicurezza legata alla minaccia terroristica, il razzismo, l'omosessualità), tempi a cui pare incapace di escogitare risposte che non siano malcelate nevrosi, un'anestetica indifferenza od un inquietante abuso di psicofarmaci.
Superbamente Solondz riesce a sposare profondità dell'analisi psicologica, dirompenza ed asprezza dell'indagine socio-antropologica con un sarcasmo velenoso che colpisce al cuore le ipocrisie della media borghesia. Meno ineccepibile appare però la costruzione filmica, non tanto per qualche mancanza nella sceneggiatura (la vicenda della terza sorella, Helen, resta appena abbozzata e piuttosto avulsa), quanto per la assoluta preponderanza del dialogico sul visivo/narrativo: il film è una successione di conversazioni a due (scandite con l'uso insistito del controcampo) che lascia poco spazio a tutto il resto. Un modo di fare cinema che, personalmente, troviamo piuttosto riduttivo.



Regia: Todd Solondz
Anno: 2009


Giudizio: ***

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