domenica 1 agosto 2010

Buongiorno, Notte


La storia del rapimento e della prigionia dell'allora Presidente della Democrazia Cristiana Aldo Moro (interpretato da un buon Roberto Herlitzka), avvenuto nel 1978 ad opera delle Brigate Rosse. In particolare, la vicenda si svolge principalmente nel covo in cui Moro è tenuto recluso e, oltre allo statista, i personaggi principali sono i terroristi che gli fecero da carcerieri. Il film si conclude con la decisione di uccidere Moro ed i preparativi all'esecuzione.
Bellocchio affronta il caso più eclatante, controverso e doloroso degli Anni di Piombo e lo fa con equilibrio di vedute: se non mostra reticenze nell'additare la classe politica del tempo come corresponsabile morale dell'esito tragico del rapimento (mettendo, per altro, l'accusa direttamente in bocca a Moro, con voluto effetto amplificatorio), dall'altro non mostra alcuna indulgenza nè forma di giustificazionismo nei confronti dei brigatisti, assimilando al contrario i loro metodi a quelli del fascismo, nel convincente ed emozionante parallelo fra le lettere di Moro alla famiglia e quelle scritte dai partigiani prigioneri durante la guerra. Tuttavia, pur fermo nella condanna storica del terrorismo eversivo di sinistra, non demonizza i personaggi, ma ne mostra anche il lato più umano, il momento del dubbio, della pietà, della paura. E se Mariano (Luigi Lo Cascio) rappresenta la componte brigatista più vuotamente ideologica, Chiara (Maya Sansa) ne è invece la parte più autenticamente idealista, più spontanea nell'adesione ai valori di giustizia ed uguaglianza che affondano le radici nei fermenti morali della Resistenza e pertanto più critica e consapevole della deriva assunta dal movimento, ormai lontano dalla gente, incapace di riconoscersi nell'inutilità della sua violenza e nei suoi proclami desolatamente sterili. Altro merito di Bellocchio è poi l'aver saputo ricostruire il clima di incomunicabilità, incomprensione, chiusura ed ostilità che separava in quegli anni le generazioni e le parti politiche, restituendo l'immagine di un'Italia scissa fra posizioni irriducibili, fra fazioni non in grado di comprendere l'una il linguaggio ed i valori dell'altra: solo nei sogni di Chiara, nella trasfigurazione onirica di una realtà storica altrimenti indecifrabile, si trova la conciliazioni degli opposti che la società e la politica non vollero o non seppero trovare, la suggestiva visione, pur fuggevole e dichiaratamente illusoria, di un altro mondo possibile, in cui Moro potesse tornare a camminare, vivo e libero, per la città.
Interessante la fusione di finzione ed immagini reali (qui più organica rispetto al successivo Vincere) e l'utilizzo delle musiche (Schubert, Pink Floyd) in chiave, forse fin troppo, enfatica.
Il titolo rimanda ad una poesia di Emily Dickinson.


Regia: Marco Bellocchio
Anno: 2003


Giudizio: ***1/2

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