domenica 7 novembre 2010

In Un Mondo Migliore


Elias (Markus Rygaard) è un ragazzino fragile ed introverso, a scuola lo prendono in giro e soffre per la separazione dei genitori. Christian (Wiliam Johnk Nielsen), invece, ha reagito al dolore per la perdita della madre malata di cancro con rabbia, è in collera con il padre e furioso con il mondo. Diventeranno amici e si troveranno a dover compiere delle scelte che metteranno a rapentaglio le loro stesse vite, mentre i genitori tenteranno di rimettere ordine nelle proprie disorientate esistenze.
La regista danese Susanne Bier si è trovata per le mani una materia narrativa ricca e complessa ed ha saputo muoversi con competenza: non era facile domare l'intreccio di tante storie ed affrontare tutti i temi di questo dramma intenso e, per molti aspetti, convincente. Il motore del film è, almeno nella prima parte, una riflessione interessantissima sui limiti dell'approccio filantropico e umanistico, dell'etica del perdono e del "porgere l'altra guancia" in un mondo dominato dalla violenza e dalla prevaricazione, sviluppata attraverso un parallelismo sorprendente ed incisivo fra gli episodi di bullismo in una scuola danese, l'arroganza rozza e manesca di un operaio di un'autofficina, la crudeltà sguaiata di un signore della guerra africano, tanto da essere quasi un peccato che il ragionamento venga abbandonato nella parte finale, in cui dominano invece altri temi (l'incomunicabilità fra genitori e figli, la difficoltà di educare, il disagio esistenziale, il conflitto interiore). Purtroppo, l'anello debole è una sceneggiatura studiata a tavolino, didascalica nel far accadere sempre ciò che più serve al racconto, ridimensionata da un finale troppo conciliante e risolutivo.



Regia: Susanne Bier
Anno: 2010


Giudizio: ***

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