sabato 27 novembre 2010

Paranoid Park


Da un romanzo di Blake Nelson: Alex (Gabe Nevins), sedicenne di Portland, è un amante dello skateboard. Assieme ad un amico, si reca a Paranoid Park, dove si riunisce clandestinamente la comunità locale di skaters. Quando vi fa ritorno, stavolta da solo, si fa convincere a provare il brivido di saltare su un treno in corsa: sorpreso da un guardiano, lo colpisce e, involontariamente, lo uccide. Alex cercherà da una lato di cancellare tutte le prove, mentre dall'altro vivrà una crisi e cercherà di superarla raccontando tutto in lettere che non verranno mai lette da nessuno.
Gus Van Sant torna ad interessarsi, dopo il bellissimo Elephant, al mondo adolescenziale, cercando di comprendere (ma non giudicare) giovani troppo indifferenti ed amorfi e le loro paranoie (il nome del parco non è casuale) ed ossessioni. Alex è immagine di tutti i suoi coetanei: svogliato e privo di interesse per tutto fuorché lo skate (suo unico segno di affermazione identitaria), emotivamente apatico (verso i genitori, verso la fidanzatina con cui fa sesso per la prima volta senza provare nulla), assente, abbandonato alla propria fragilità, smarrito e disorientato per l'assoluto vuoto di certezze, di punti di riferimento (ha genitori separati e forse troppo immaturi) capaci di trasmettere valori o priorità morali di sorta. Significativo che la storia sia raccontata (giocando peraltro assai bene sul piano dei salti temporali) attraverso le lettere scritte da Alex, ma che finiranno bruciate: chiara metafora del cortocircuito comunicativo, dell'implosione verso un mondo tutto interiore, introverso ed impenetrabile che è malattia dell'anima di molti adolescenti (non solo americani). Se sul piano dei temi Van Sant formula domande, ma, come consueto, non dà risposte (puntando piuttosto sulla sensibilizzazione verso un tema delicato ed importante, eppure trascurato), sul piano formale si muove con eleganza, sceglie di girare in Super 8 le evoluzioni degli skaters ed usa un ralenti rilfessivo e malinconico per sottolinearne il significato più profondo. Peccato solo per la sequenza un po' splatter che mostra la morte del guardiano, piccola stonatura in una cornice stilistica di grande qualità.


Il racconto ha come oggetto il senso di colpa e l'assenza di comunicazione, la pesantezza dell'esistenza adolescente a confronto con l'aerea leggerezza del gioco, dello skateboard. (Lietta Tornabuoni, La Stampa)


Regia: Gus Van Sant
Anno: 2007


Giudizio: ***1/2

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