giovedì 15 luglio 2010

Il Nastro Bianco



In un villaggio rurale della Germania settentrionale, negli anni immediatamente precedenti allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, avvengono fatti misteriosi ed inquietanti: al Dottore capita uno strano incidente a cavallo, il granaio del Barone va a a fuoco, suo figlio viene ferocemente picchiato, un bimbo down viene torturato, restandone quasi accecato. Il Maestro giunge gradualmente ad intuire l'identità dei colpevoli di tali misfatti, ma il Pastore, autorità morale e religiosa della comunità, lo costringerà al silenzio.
Heneke si misura con uno degli interrogativi più angosciosi della storiografia moderna: come è stata possibile l'aberrante ascesa del nazismo ed i suoi orrori? In quest'ottica, Il Nastro Bianco è un film a tesi (ma non didascalico), preannunciata già nei primissimi minuti e poi sviluppata con coerenza e precisione: le radici dei processi che hanno tristemente segnato la storia della Germania fra le due guerre è da ricercarsi nella natura oppressiva della società tedesca (basata su rapporti sociali e familiari rigidamente gerarchici, cinici, immorali) del primo Novecento ed in particolare in un sistema educativo coercitivo e brutale, che ha formato generazioni represse e tormentate dal senso di colpa, succubi dell'autorità e rabbiosamente intransigenti nei confronti delle devianze dalla normalità ipocrita dell'ideologia cristiano-borghese a cui sono state, da sempre, catechizzate. Più in generale, l'astrattezza senza tempo del villaggio (un microcosmo chiuso in se stesso, decontestualizzato) e la scelta di impostare la narrazione come fosse una favola "nera" (con il commento fuori campo della voce narrante del Maestro) attribuiscono una dimensione più universale alla riflessione, estendendola ai meccanismi di genesi di tutti i regimi autoritari ed integralisti.
Al di là della tematica impegnativa, la firma d'autore è soprattutto nel rigore formale, nella regia controllata, nel freddo bianco e nero scelto da Heneke più per ragioni espressive (distanziare lo spettatore, evitando rassicuranti meccanismi di immedisimazione) che di verosimiglianza storica, nelle geometrie anguste degli interni che, assieme all'atmosfera cupa ed irrazionale di impotente attesa dinanzi al nefasto precipitare degli eventi, costruiscono una cappa opprimente che sembra gravare su adulti e bambini, incubando una carica di pulsioni aggressive, pronte ad esplodere in tutta la loro virulenza. Ottima prova corale degli attori. Palma d'Oro a Cannes.



Regia: Michael Heneke
Anno: 2009


Giudizio: ****

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