martedì 20 luglio 2010

Parla Con Lei


Benigno (Javier Camara), cresciuto all'ombra di un morboso attaccamento alla madre, fa l'infermiere ed accudisce da anni con amorevole dedizione Alicia (Leonor Watling), aspirante ballerina in coma in seguito ad un incidente stradale. Marco (Dario Grandinetti), giornalista ed autore di guide turistiche, non riesce a lasciarsi alle spalle un matrimonio fallito, fin quando non incontra la torera Lydia (Rosario Flores), che a sua volta finisce in coma, incornata durante una corrida. In ospedale Marco e Benigno stringono una sincera amicizia. Al rientro da un viaggio, Marco apprende che Benigno è in carcere per aver violentato Alicia, mettendola incinta. Durante il parto Alicia dà alla luce un feto morto, ma miracolosamente si risveglia. Benigno, che ne è tenuto all'oscuro, si suicida, mentre, in un finale aperto, fra Marco ed Alicia sembra nascere un'infatuazione.

Almodovar tocca un tema difficile, quella condizione di sospensione fra la vita e la morte che è il coma irreversibile. Ma il suo sguardo è diretto alla natura delle relazioni umane, sentimentali ma non solo, alla casualità con cui si innescano, all'imprevedibilità delle traiettorie che assumono. In un film di amori che si intrecciano, si sdoppiano, nascono e finiscono in un costante equilibrio instabile, senza però mai essere veramente felici, domina un'atmosfera di soffusa tristezza e malinconica solitudine. Dinanzi alle scelte di personaggi in balia del destino, Almodovar sospende il giudizio morale, si limita a mostare la complessità del vivere ("Niente è semplice" dice a Marco l'insegnante di danza di Alicia) e lascia aperta la via ad un ottimismo, più del cuore che della ragione, in un finale in cui la morte (di Benigno, di Lydia) diviene precondizione per la rinascita (della vita spezzata di Alicia, dell'amore), mentre l'eterno ciclo delle umane vicende fa il suo corso. La vena umoristica (in alcuni momenti causticamente anticlericale) che attraversa tutto il film non disturba, anzi ne costituisce un'ulteriore, gradevole sfaccettatura. Interessanti gli spunti metacinematografici (teatro nel cinema, cinema nel cinema), specialmente l'inserto surreale (la proiezione del corto, muto e in bianco e nero, a sfondo erotico) con cui Almodovar allude discretamente, senza mostrarla, alla violenza compiuta da Benigno.
Sceneggiatura articolata, non perfettamente bilanciata (la vicenda di Lydia e Marco non trova tanto spazio quanto quella di Benigno e Alicia), ma comunque accattivante (e premiata con l'Oscar), al di là di qualche sottolineatura enfatica di troppo nella scrittura. Cameo di Caetano Veloso, che canta "Cucurrucucu paloma".



Regia: Pedro Almodovar
Anno: 2002



Giudizio: ***1/2

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