sabato 17 luglio 2010

L'Uomo che Verrà



Colli bolognesi, 1943-1944: Martina (Greta Zuccheri Montanari, talentuosa esordiente), figlia di mezzadri, è una bambina che tace dalla morte del fratellino in fasce. La madre è di nuovo incinta e lei attende la nascita del nuovo bimbo con trepidazione. Intanto, c'è la guerra: i giovani partigiani si nascondono nei boschi e tornano in paese di tanto in tanto, furtivamente, per sfamarsi o farsi medicare; i tedeschi sono una presenza lontana, che si manifesta saltuariamente per requisire vino, uova, a volte bestiame, oppure per dare la caccia ai ribelli. Fino a quando non esploderà la più tremenda delle violenze: il rastrellamento di donne, vecchi e bambini e la loro spietata esecuzione. E'una delle più grandi carneficine di civili avvenute durante la seconda Guerra Mondiale, passata alla storia come eccidio di Monte Sole (o strage di Marzabotto, dal nome di uno dei paesi coinvolti). Nel frattempo il piccolo è nato e Martina, che è riuscita coraggiosamente a metterlo in salvo, riprende a parlare.

Giorgio Diritti affronta una delle pagine più nefaste (e più occultate) della storia moderna italiana, raccontandola attraverso la quotidianità agraria di una comunità di contadini, delle sue tradizioni condivise, dei suoi riti collettivi, del suo legame con la natura, del lento alternarsi delle stagioni. La meticolisità con cui è curata la ricostruzione iconografica (nei costumi e negli ambienti) ha sapore verista (accentuato dal parlato dialettale, sottotitolato), ma va oltre, trascendendo nel lirismo pittorico dell'elegia bucolica, pur senza idealizzazioni idilliche. Nell'immutabilità di questo universo secolare, la guerra è percepita come distante, come solo l'ennesima delle tribolazioni ataviche che da sempre affrontano, giorno dopo giorno, gli stanchi abitanti di quelle colline. Ma quando, inesorabile, giunge l'appuntamento con l'assurda violenza della Storia, vanno in frantumi certezze antiche, maturate nella cornice di una religiosità popolare che improvvisamente perde senso: mentre la mitragliatrice spara, la telecamera s'innalza verso la croce sul tetto di una chiesa e poi al cielo, ponendo interrogativi che restano senza risposta, mentre chi è sopravvissuto seppellisce, assieme ai propri cari, statuette di Madonne e Santi, colpevoli di non averli saputi proteggere. Il senso della tragedia è reso con umanità e partecipazione, ma senza enfatizzazioni romanzate, scegliendo "una strada antiretorica" (Federico Pedroni, I Duellanti). Il finale è un magnifico messaggio di speranza ed impegno morale: di Martina, il cui silenzio è un urlo di caparbia protesta contro l'arbitrarietà di un fato crudele, sentiamo finalmente la voce (nella dolce melodia di un canto), mentre culla il piccolo neonato sottratto alla follia di un'umanità che ha mostrato l'abisso di atrocità di cui è capace. E'lui "l' uomo che verrà", il simbolo di un futuro che sarà libero nella misura in cui saprà far tesoro della lezione della memoria.
Tecnicamente, le soluzioni e le intuizioni di Diritti sono di sorprendente efficacia: fra le più felici la scelta del punto di vista, che è quasi sempre quello della piccola protagonista, le vicende sono quindi filtrate dal suo sguardo sognante ma attento e proiettate in un mondo fantastico, scevro da classificazioni o pregiudizi ideologici (altrimenti inevitabili per un tema delicato come la Resistenza, qui presentata con onestà, come un'urgenza civile e come rappresaglia di chi non tollera abusi ed usurpazioni), in cui ribelli e nazisti sono osservati con la stessa ingenua curiosità ed in cui "molti vogliono ammazzare qualcun altro", anche se non se ne capisce il perché. La fotografia, poi, con le sue tonalità calde e morbide, regala scorci che sembrano cartoline, mentre la telecamere a volte insegue mobile i personaggi, a volte indugia in campi lunghi e piani sequenza sobri e suggestivi.
Bellissimo, ricco, profondo, impeccabile. Ma dati i (discutibili) gusti del grande pubblico, è stato distribuito con il contagocce.


Diritti [...] riesce a regalarci una delle più belle prove di un cinema finalmente necessario, di altissimo rigore morale e insieme di appassionante e coinvolgente forza civile. Un capolavoro. (Paolo Mereghetti, Il Corriere della Sera)



Regia: Giorgio Diritti
Anno: 2009


Giudizio: *****

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