martedì 13 luglio 2010

Vincere



La vicenda di Ida (Giovanna Mezzogiorno) e Benito Albino Dalser, la prima amante (e forse prima moglie) di Benito Mussolini (Filippo Timi), il secondo figlio nato dalla loro relazione. Nella prima parte si raccontano l'amore di Ida, la passione ed il carisma di Mussolini, i suoi repentini cambiamenti di rotta in politica (prima pacifista, poi interventista, prima socialista, poi futurista) e la sua vertiginosa ascesa (ricostruita attraverso veri filmati e cinegiornali dell'epoca, alla maniera dei docu-film). Nella seconda, il tempo dei sogni e delle speranze volge al termine: l'Italia sprofonda nell'abisso della dittatura fascista, Mussolini è ormai il Duce, Ida e Benito Albino solo fardelli di un passato scomodo che va rinnegato, ripudiato fino alla crudeltà estrema della prigionia in manicomio, dove resteranno entrambi rinchiusi fino alla morte.
Bellocchio, da sempre regista impegnato, conduce, illustrando l'odissea ed il dramma privato di una donna e di suo figlio (o, seguendo una possibile lettura trinitaria, di una Madonna e di Suo Figlio, alle cui sofferenze, preghiere e disperato bisogno d'essere amati resta sordo ed indifferente un Padre Onnipotente ed Onnipresente, eppure tremendamente distante) un discorso politico (rigorosamente antifascista), che assurge a monito universale (e volutamente attuale) sul tema del potere, sulle dinamiche di dominio, sottomissione ed esclusione che sottende, sulle diverse forme di violenza (fisica, psicologica) che gli sono connaturate. La figura di Ida Dalser è un simbolo potente, è la Libertà, la Ragione e la Verità nell'epoca delle minacce e delle paure, delle violenze e della viltà, dei compromessi e delle menzogne, "il tempo del silenzio, il tempo degli attori" (come teorizza, con raggelante lucidità, un medico psichiatra).
Se si apprezzano l'originalità della commistione di generi (documentario, storico, drammatico), l'intepretazione della Mezzogiorno stupendamente coinvolgente, una fotografia che sa essere livida e cupa come i tempi che raffigura, la tensione stilistica di indubbio spessore, i momenti di grande cinema (la sequenza in cui Ida, arrampicata sulle sbarre, lancia nel vuoto le sue lettere mentre scende soffice la neve o quelle in cui Benito Albino, ormai uomo, scimmiotta grottescamente la mimica paterna), resta però l'impressione di una certa fatica nella sintesi, di ellissi troppo sbrigative (specialmente nella prima parte in cui emerge un ritratto del Duce forse un po' scontato, epidermico: narcisista, smisuratamente ambizioso, opportunista, senza scrupoli), della difficoltà di fondere in una summa omogenae storia (in senso narrativo) e Storia, senza far torto nè all'una, nè all'altra. Perla per cinefili le proiezioni mute con accompagnamento al piano, immagine di un cinema degli albori, oggi ricordato da pochi.


Ne emerge un film come al solito molto personale che denuncia però una costrizione in cui il regista non si trova a suo agio. La camicia di forza della Storia, con le sue date e i suoi avvenimenti, vincola la narrazione che tenta di liberarsene non riuscendovi sempre.(Giancarlo Zappoli, mymovies.com)


Regia: Marco Bellocchio
Anno: 2009



Giudizio: ***1/2

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