giovedì 8 aprile 2010

Gran Torino


La Gran Torino del titolo è una lussuosa auto d’epoca, che Walt (Clint Eastwood), vecchio reduce burbero ed introverso, custodisce gelosamente. E’ un simbolo: rappresenta un universo di valori (culturali, morali ed anche estetici) appartenenti al passato, che la contemporaneità non è in grado di comprendere, rispettare e conservare. Si contrappone alla vuotezza di una modernità desolante, che se non è scioccamente frivola e superficiale o opportunista (le famiglie dei figli di Walt), è rozzamente violenta ed arrogante (la gang). Ma è proprio laddove Walt non avrebbe mai cercato, nel vicinato di immigrati asiatici (verso cui nutre inizialmente un’astiosa diffidenza), nelle loro tradizioni sociali, nella loro gentilezza d’animo e gratitudine, che scopre una speranza nel futuro e nelle nuove generazioni. La speranza di un’altra America e di un’altra umanità. Avviene così il miracolo di un vecchio conservatore razzista, chiuso ermeticamente in sé, che diviene portavoce di un messaggio di conciliazione e apertura alla diversità. Ma Gran Torino è anche molto altro: ci parla senza semplificazioni del rapporto padre-figli (adottivi in senso lato, come già in Million Dollar Baby); della responsabilità educativa delle vecchie generazioni nei confronti delle nuove; della religione che riesce a parlare alle persone solo abbandonando la prosopopea del sermone per farsi spiritualità intima, discorso personale; del Bildungsroman (letteralmente, romanzo di formazione) di due adolescenti che si affacciano alla vita adulta attraverso l’esperienza drammatica ma formativa del sopruso, del dolore e della perdita. Il finale è un capolavoro, geniale da un punto di vista narrativo, maturamente realista in quanto la liberazione dal male non avviene senza sacrificio. La morte, affrontata con la dignità e la serenità di chi è consapevole di essere giunto al termine di un percorso esistenziale, è momento di transizione, in cui il testimone passa di mano e come eredità resta quello che si è saputo insegnare, i valori che si sono trasmessi. E’anche il saldo di un conto aperto dai tempi della guerra in Corea, che ha lasciato ferite profonde e mai del tutto rimarginate. In Gran Torino c’è dunque tutto: ricchezza e complessità di tematiche, una storia che funziona, un’ironia laconica, uno stile rigoroso la cui asciuttezza rimuove quanto sarebbe superfluo, riuscendo ad emozionare profondamente ed a mostrare la sofferenza con stupefacente essenzialità senza mai incappare nel sentimentalismo, nella retorica del luogo comune. Ormai 80enne, uno dei migliori registi in circolazione e attore dal talento intatto, Clint Eastwood è un patrimonio a cui il cinema odierno non può ancora permettersi di rinunciare.


Regia: Clint Eastwood
Anno: 2008


Giudizio: ****1/2

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