lunedì 5 aprile 2010

Le Vite degli Altri



Repubblica Democratica Tedesca, 1984, il regime socialista esercita un controllo pressoché totale sui cittadini, attraverso il proprio strumento più pervasivo e potente: l'organizzazione di spionaggio nota come Stasi. Questo film ci racconta la storia di un suo agente, il capitano Gerd Wiesler, che colma la propria solitudine partecipando, emotivamente (ma non solo), alle vicende di chi spia, vivendo "le vite degli altri" del titolo, di cui diviene al tempo stesso spettatore e regista. Pur collocandosi in un contesto storico ben preciso, di cui pure mostra le miserie morali, Le vite degli altri affronta tematiche di ampio respiro: il rapporto fra classe intellettuale e potere, in bilico fra prostituzione (neanche troppo figurata) ed il bisogno etico di contestare, di denunciare, di tener fede alla verità; il ruolo e le responsabilità dei singoli di fronte ai grandi eventi storici in generale ed ai totalitarismi in particolare; i sentimenti, le emozioni, l'empatia e la pietà come salvezza dall'opera di disumanizzazione dei regimi di terrore. Nella figura di Gerd si scorgono quanti hanno saputo affrancarsi dalle catene dell'ideologia e dall'illusione dell'ideale, in una graduale e sofferta presa di coscienza che, fatta di titubanze e piccoli eroici gesti quotidiani, ha lentamente trasformato tanti "buoni" servitori del Partito in una moltitudine silenziosa, ma ferma di anonimi oppositori. Il finale ("epilogo di tristezza emozionante", Dizionario dei Film Morandini) è un tributo a tutti loro, veri artefici della caduta del Muro. Meno evidente, forse, la riflessione fra le righe sul rapporto fra l'artista ed il suo pubblico e sul ruolo catartico della rappresentazione artistica.

Addomesticare regia e sceneggiatura a tematiche tanto universali da un lato ed alla veridicità storica dall'altro è impresa non facile, il che ci induce a sorvolare su qualche passaggio che non ci ha convinto appieno (uno su tutti: l'incidente alla compagna dell'autore teatrale Dreyman, troppo funzionale all'impianto narrativo per non destare qualche perplessità).


Regia: Florian Henckel von Donnersmarck
Anno: 2006

Giudizio: ***1/2

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